Un racconto della giornata vissuta scritto dai ragazzi di 3D.

Mercoledì 13 marzo abbiamo vissuto un’ esperienza insolita all’interno del  progetto “Sport e disabilità”.

Ci siamo trovati con l’altra terza in sala auditorium: appena entrati abbiamo notato due signori in carrozzina, ma non eravamo molto stupiti perché già il professore Fumagalli ce ne aveva parlato in classe.

Il primo a prendere la parola è stato Mauro Bernardi, il quale ci ha raccontato la sua vita e la dinamica del suo incidente.

Mauro nasce in una famiglia con molti problemi, causati dai comportamenti del padre alcolista che, per sfogare la sua rabbia, picchia violentemente la madre. Il padre viene allontanato solo grazie all’aiuto di un medico che convince la madre a denunciarlo.

Pochi anni dopo, Mauro così inizia a lavorare come camionista, riuscendo ad ottenere una stabilità economica necessaria per aiutare la famiglia di origine.

Finché, la sera del 31 agosto 2005, avviene il fatto: Mauro sta rientrando dal lavoro come ogni giorno, ma qualcosa non va per il verso giusto.

Un camion esce dall’autogrill troppo lento: c’è buio ma le sue luci non sono accese. Lo scontro tra i due mezzi è inevitabile. 

Mauro si trova vittima di un grave incidente stradale.

Dopo due ore giungono finalmente i soccorsi a tirarlo fuori: incastrato all’interno dell’abitacolo, rischia tanto.

Appena riescono a liberarlo, va subito in ospedale, dove rimane 11 giorni in coma farmacologico.

Successivamente si sveglia e dopo vari mesi di riabilitazione, si rimette “in forma”, o quasi; deve comunque utilizzare per sempre una sedia a rotelle, perché è rimasto paralizzato agli arti inferiori.

In auditorium non c’era solo Mauro: ad  accompagnarlo c’è Federico, soprannominato “Chicco”, in carrozzina come Mauro, ma fin dalla nascita a causa di una complicanza durante la gravidanza della madre.

Del loro racconto mi ha colpito soprattutto il modo in cui Mauro racconta ciò che ha vissuto con il sorriso e molto senso l’umorismo, facendoci ridere.

Ho apprezzato molto il fatto che abbia raccontato la sua storia con molta trasparenza mostrandoci alcune foto dell’incidente, della sua riabilitazione, senza nasconderci “le cose brutte”. 

Traspariva dalle sue parole questa grandissima forza di volontà di “tenersi stretta la vita”.

In un secondo momento ci siamo spostati in palestra insieme a Chicco, il professore e Alessio, un alunno di Mauro. Ci hanno assegnato delle disabilità: alcuni “senza mano”, altri “senza un piede”, chi “in carrozzina” e chi ”non vedente”.

Ci dicono che avremmo giocato a basket, ma non il classico basket: ognuno avrebbe dovuto” indossare” una disabilità.

Io ero una non vedente.

Alessio mi ha messo sugli occhi una maschera nera; ero completamente disorientata.Non capivo dove fossi, ero frastornata dalle voci dei miei compagni che mi rimbombavano nelle orecchie e nel mentre cercavo di capire dove fossero.

Ero però affiancata da una guida che mi ha accompagnato sul campo per tutta la partita. La prima volta che mi hanno passato la palla ero bloccata, in panico, non sapevo cosa fare, dove tirare e a chi.

Questa partita mi ha veramente toccato nel profondo perché ho vissuto sulla mia pelle quanto sia difficile, per un non vedente, ogni singolo gesto quotidiano come camminare, giocare. 

Chi era in carrozzina, invece, teneva la palla fra le gambe spingendosi dalle ruote lungo tutto il campo; chi era senza braccio palleggiava con una sola mano, chi senza gamba saltellava su un piede.

Questo è il Baskin: il basket inclusivo un nuovo sport pensato per permettere ai giovani con disabilità e ai giovani normodotati di giocare assieme. Tutti giocano un ruolo fondamentale: ognuno contribuisce al successo e alla vittoria della propria squadra. 

Questa esperienza non è stata una triste conferenza sulla disabilità ma una lezione attiva, coinvolgente e divertente che ci ha insegnato molto: nella vita tutto può accadere, ma, nonostante questo, si deve avere la forza di reagire per superare l’ostacolo perché la vita è bella!

Unico punto critico: la gestione del tempo. Avrei preferito dedicarne di più al gioco del Baskin, magari facendo due incontri o più ore, o giocando insieme all’altra classe.

Da alunna consiglierei sicuramente di riproporre questo progetto anche per le prossime terze, per fargli capire quanto sia importante la vita.